giovedì 20 ottobre 2011

Interviste, Io uomo di confine, Piumazzo la mia Itaca


In auto con Valerio Massimo Manfredi. Intrappolati sull’A1, un camion rovesciato tra Modena e Reggio Emilia. Stiamo andando a Pietrasanta, invitati nei rispettivi ruoli, lui autore, io editor, al festival letterario più originale di tutti. «Anteprime», inventato dal gruppo Mondadori, dove ogni autore si esibisce col proprio editor e con lui racconta il suo prossimo libro facendo vedere un po’ di backstage. Manfredi è lo scrittore italiano più letto nel mondo. Grazie alle sue avventurose trame epiche, fiction costruite con una fantasia incalzante che galoppa controllata dalla più rigorosa competenza del mondo classico. Della sua storia. Della sua archeologia. Delle sue lingue. È lo scrittore preferito da Fidel Castro conquistato con la saga avvincente di Alexandros, il re macedone. Milioni di copie nel mondo. Lui vive in una casa che ha costruito nella campagna emiliana, fra Modena e Bologna. A un passo da quella dei suoi avi e dalla stalla raccontata in “Otel Bruni”. Qui, da sempre, a Piumazzo abita la famiglia di Valerio Massimo Manfredi, archeologo, antichista, professore, sceneggiatore, conduttore televisivo ma soprattutto scrittore di numerosi bestseller storici. Ma questa è un’altra storia. Che ci riguarda da vicino.
Uno scrittore globale, profondamente radicato nel nostro territorio.
«Ho cambiato casa tre volte, ma abitando sempre nello stesso posto. Dove sono nato. Ora ho una bella casa, dove ci stanno tutti i miei libri. Ma al di là della siepe, vive ancora mia madre. Io la mattina mi alzo e le porto il caffè mentre lei zappa nell’orto. Nell'antica proprietà vivono ancora mia mamma e i miei due fratelli, io avevo bisogno di più spazio ma siamo sempre tutti insieme. La mia casa è stata realizzata secondo i desideri miei e di mia moglie Christine, che è di Chicago e insegna inglese ai cadetti all’Accademia. Oltre a tradurre i miei libri. Vanno e vengono i nostri figli, Giulia, artista, che vive a Berlino e Fabio, alle prese col suo primo libro, che vive a Roma. Giriamo tutti il mondo ma Piumazzo è sempre la nostra Itaca a cui tornare. La campagna. I grandi spazi. Memorie. Tradizioni. Modi di vivere. Quei valori elementari, ma fortissimi, di quel mondo antico che racconto nel mio ultimo romanzo».
Piumazzo sta al confine. Tra Modena e Bologna.
«Piumazzo, assieme a Castelfranco Emilia, è sempre stato nel bolognese. Ancora oggi chi va da Castelfranco verso il ponte di Sant’Ambrogio, al primo curvone, sulla sinistra, vede il cippo che segnava il confine tra lo Stato Pontificio e lo Stato Estense. È evidente che Piumazzo sta da questo versante. Parliamo bolognese. Siamo in Diocesi di Bologna. Il comune di Castelfranco fu trasferito alla provincia di Modena, quando Modena dovette rinunciare all’Abetone a vantaggio di Lucca. Onestamente, mi sento italiano. Per i miei studi. La mia cultura. Modena è una città amministrata bene. Pulita, piena di iniziative. Forte economicamente. Quando si sta in Emilia, si sta comunque in un magnifico paese. A Bologna ho fatto le medie e il ginnasio. Poi ho fatto il liceo al Muratori a Modena. E poi sono tornato a Bologna per l’università. La vita che fanno tutti gli uomini di confine. Questa estate nei giardini del Palazzo Ducale sarò a Modena per due serate in cui parlerò dell’Odissea. Il viaggio. Il ritorno».
E in Italia?
«Su scala nazionale l’aspetto più preoccupante riguarda il declino della scuola. Ricordo cosa fosse la scuola italiana quando io ho cominciato a studiare. Oggi la nostra scuola è in una crisi fortissima. E siccome la scuola che conta è quella pubblica, ciò porta a delle ingiustizie paurose. Solo i ricchi potranno permettersi di frequentare scuole decenti. E questa è la massima delle ingiustizie sociali. Sono figlio di un agricoltore, che aveva due piccoli poderi. Ho avuto delle possibilità straordinarie che mi sono state date tutte dalla scuola. Sono un prodotto al cento per cento della scuola statale. Di una buonissima scuola dello Stato. E questa è la vera democrazia. Tra i miei compagni di liceo c’è un fisico accademico dei Lincei, un direttore di France Soir, italiano, il numero due del politecnico di Milano, che insegna in Cina agli ingegneri cinesi. Tutti ragazzi che venivano da famiglie modeste. Se non si lavora con serietà su tutto il percorso formativo dei giovani, se non si ripristina l’eccellenza della scuola e dell’università, se non si premia il merito dei bravi e si costringe chi ha talento a emigrare, per questo paese saranno guai. Seri.»
Un luogo di Modena.
«La Piazza Grande con le absidi del Duomo è uno dei luoghi più belli d’Italia. E una fontana. Quando terminammo il terzo anno del liceo organizzammo la tradizionale cena tra compagni e professori. M’accorsi che non ero rasato, la mattina. Oggi un vezzo, alloro un segno di imperdonabile trascuratezza. Professori come Bassoli e Melli erano assai severi. Mi presentai con le guance fresche e impeccabili, perché andai a radermi con un sapone acquistato in tabaccheria alla fontana col putto di Graziosi, vicino al mercato coperto».

<<FONTE gazzettadimodena>>