Incontriamo
Valerio Massimo Manfredi durante la serata conclusiva della bella
manifestazione estiva “Sotto Sale – Parole a lunga conservazione”,
curata da Giancarlo Mazzuca a Bellaria Igea Marina, che ha visto ospiti
giornalisti e autori, e presentati libri al centro dell’attenzione
collettiva come “Terroni” di Pino Aprile e “Polentoni” di Lorenzo Del Boca. |
Nella
suggestiva cornice della Casa Rossa di Alfredo Panzini, Valerio Massimo
Manfredi, ha parlato del suo ultimo romanzo, Otel Bruni, incalzato
dalle domande di Mazzuca, dando lettura ad alcuni brani dell’opera, e ha
rivelato di aver narrato storie giunte sino a lui dalla memoria di
famiglia ma rigorosamente verificate come consueta premura di uno
scrittore di romanzi storici.
Messe
da parte ormai le chiare sere d’estate, diamo il benvenuto a Valerio
Massimo Manfredi sul sito i-libri, ringraziandolo per aver accettato di
rispondere alle nostre domande.
Nel
suo ultimo romanzo, Otel Bruni, sono raccontate vicende accadute nel
Novecento, che raccontano un momento storico che abbraccia gli anni del
fascismo e del secondo dopo guerra: quanto di questo periodo, secondo
lei, non è ancora stato sufficientemente studiato e reso memoria storica
condivisa?
Non
sono uno storico contemporaneo. Ho studiato le fonti che mi
permettevano di scrivere questo romanzo. Penso che il periodo della
guerra civile debba ancora essere approfondito e metabolizzato. Non è
detto che questo possa condurre ad una memoria condivisa. La storia ha
già pronunciato il suo verdetto. E’ il fascismo la parte del torto.
E’
stato complesso attingere a vicende che ha raccolto in parte dalla sua
storia familiare e non cedere alla comprensibile e umana tentazione di
rendere meno storico e più suggestivo, affettivo, il racconto?
Un
romanzo non è un saggio storico e quindi si tratta sempre di una resa
emotiva degli eventi. Ho cercato di essere equilibrato ma si tratta di
argomenti così scottanti che si finisce sempre per essere criticati o da
una parte o dall’altra.
Quanto
è importante, secondo lei, che la Storia sia tramandata anche oggi di
padre in figlio, come un patrimonio di conoscenze e testimonianze chiave
per ricostruire ed interpretare un’epoca?
E’ molto importante perché dà una stabilità emotiva alle nuove generazioni e una consapevolezza che si traduce in equilibrio.
Lei
è persona estremamente eclettica: professore universitario, scrittore,
archeologo attivo in campagne di scavo importantissime, autore di
soggetti e sceneggiature per il cinema, giornalista scientifico e
conduttore televisivo. Quale di queste attività ritiene e sente come più
rappresentative di Valerio Massimo Manfredi?
Tutte. Si tratta solo di aspetti diversi dello stesso tipo di interesse.
Quale delle sue professioni abbandonerebbe con più rammarico e maggior sacrificio, se vi fosse costretto?
Quella dello studioso e quella dello scrittore. Alle altre posso facilmente rinunciare.
Anche
suo figlio ha deciso di studiare e dedicarsi alla Storia: vede
in questo una scelta personale, una semplice coincidenza o crede che
anche quello dello storico sia un “mestiere” da insegnare e tramandare,
come fosse un’arte artigiana, con i suoi segreti e le sue tecniche, di
generazione in generazione?
E’
un caso. Inoltre ha scelto storia contemporanea che è una disciplina
molto diversa per metodo e contenuti dalla storia antica.
I
suoi numerosi e fortunati romanzi sono ambientati nelle più diverse
epoche, ma probabilmente l’antichità classica è uno dei momenti su cui
ha concentrato il maggior numero di lavori: ciò dipende da un suo
personale gusto e interesse oppure si tratta di una scelta ispirata da
altre ragioni?
Scrivo
le storie che trovo più emozionanti e non importa dove sono ambientate.
E’ normale che lo spunto venga dalle cose che meglio conosciamo.
Come
nasce materialmente uno dei suoi romanzi? E’ di solito una particolare
vicenda ad ispirarla, ragione che la spinge poi alle ricostruzioni ed
indagini storiche che ne conseguono, o piuttosto, volendo raccontare
un’epoca si trova a costruire o cercare una trama che ben si renda
rappresentativa e paradigmatica?
Non
voglio mai raccontare un’epoca ma una vicenda umana particolarmente
intensa. Di qualunque vicenda si tratti. Il resto è solo
ambientazione che però va indagata con molta diligenza e precisione.
Quali sono le sue letture preferite? Legge romanzi storici? Ci sono autori di altri generi che ammira in modo particolare?
Tutti
i romanzi sono storici, anche quelli di fantascienza. Se intende
storie ambientate in tempi sufficientemente lontani dai nostri (ma
quanto lontani?): di solito no. Leggo i classici di tutte le epoche
fino a Saramago o Garcia Marquez ma la gran parte del mio tempo è
dedicata alla saggistica.
Ha
mai desiderato uscire dal mondo e dalla storia occidentale per
raccontare vicende di altre culture? Quali sono, se è dato saperlo, i
suoi prossimi progetti?
L’impero
dei draghi mi ha costretto a studiare la storia cinese del III secolo
con notevole impegno. Il mio prossimo progetto è ancora in gestazione.
<<FONTE: ILIBRI.COM>>
<<FONTE: ILIBRI.COM>>