domenica 23 ottobre 2011

Eventi, Il giardino delle idee

“un corteggiamento serrato iniziato due anni fa, fatto di brevi messaggi, Email e molti tentativi per trovare quell’incastro magico che spesso rende le cose impossibili possibili” ricorda Antonella di Tommaso del Giardino delle IDEE. “un corteggiamento che nasce innanzitutto dalla grande stima che nutriamo nei confronti del prestigioso ospite che accoglieremo in città domenica 6 novembre 2011” continua.
Domenica 6 novembre 2011 con inizio alle ore 17.00, nella consueta cornice della splendida Sala delle Muse del Museo d’Arte Medioevale e Moderna di Arezzo in via San Lorentino, 8 (INFO: 0575 409050) Il Giardino delle IDEE ospiterà infatti il prof. VALERIO MASSIMO MANFREDI.
Dopo l’apertura con il botto in occasione del primo incontro con Susanna Tamaro, Il Giardino delle IDEE prova a replicare il successo di pubblico con un nuovo straordinario incontro.
E lo fa dando la possibilità di riservare gratuitamente il proprio posto semplicemente scrivendo una Email all’indirizzo: contatti.lafabbricadelleidee@gmail.com entro e non oltre il 31 ottobre 2011 segnalando nome, cognome, numero dei posti da riservare e recapito telefonico.
“Vogliamo venire incontro al pubblico del Giardino delle IDEE con una accoglienza conviviale e amichevole, cercando di rendere ogni incontro una occasione davvero speciale” dichiara la conduttrice Barbara Bianconi.
Archeologo e scrittore, dopo essersi laureato in lettere classiche all’Università di Bologna e conseguita una specializzazione in Topografia del Mondo Antico all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Valerio Massimo Manfredi ha insegnato nella stessa università, all'Università di Venezia, alla Loyola University Chicago, all'Ecole pratique des hautes études della Sorbona di Parigi e alla Bocconi di Milano.
Ha tenuto conferenze e seminari in alcuni dei più prestigiosi atenei come Il New College di Oxford, University of California, Lectio Magistralis alla National University of Canberra (Australia), inoltre Lectio magistralis all’Università dell'Avana, Cuba, Universidad de Antiochia, Medellin (Colombia), Universidad de Bilbao, Universidad Internacional Menendez Pelayo (Tenerife) e altre ancora.
Ha pubblicato molti articoli e saggi e ha scritto note opere di narrativa, soprattutto romanzi storici, tradotte in tutto il mondo (circa 15 milioni di copie vendute a livello internazionale).
È autore di soggetti e sceneggiature per il cinema e la televisione, collabora come antichista a Il Messaggero e Panorama, come giornalista per Archeo, Focus, Airone e altre riviste del settore.
Nel 1999 è stato votato "Man of the Year" dall'American Biographical Institute.
Ha condotto i programmi televisivi Stargate: Linea di confine e Impero in onda sulla rete televisiva di LA7.
Nel 2008, con il romanzo L’armata perduta ha vinto il Premio Bancarella.
Nel 2010, con il romanzo Archanes ha vinto il Premio Scanno.
Un nuovo straordinario appuntamento al Giardino delle IDEE.

<<FONTE arezzonotizie>>

Eventi, Valerio Massimo Manfredi in conferenza all’Aula Magna dell’Università di Reggio

Continua il percorso informativo e culturale intrapreso nei mesi scorsi dalla Delegazione di Reggio Emilia dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, in collaborazione con la sezione reggiana della Deputazione di Storia Patria.
Dopo il successo delle conferenze del dott. Giorgio Morini Mazzoli sulla storia, i valori, i principi e le finalità strettamente religiose e caritative che uniscono i confratelli e le dame dell’Ordine, un nuovo appuntamento di approfondimento è previsto per mercoledì 26 ottobre alle ore 18 presso l’Aula Magna dell’Università di Modena e Reggio, in via Allegri a Reggio Emilia.
Ospite d’eccezione il prof. Valerio Massimo Manfredi, chiamato dall’Ordine a tenere una conferenza sul “Processo ed esecuzione capitale di Gesù di Nazareth” per offrire al pubblico una ricostruzione nuova ed introspettiva del processo a carico di Gesù attraverso la lettura inedita della personalità discussa e controversa di Ponzio Pilato. L’incontro sarà introdotto da mons. Gianfranco Gazzotti, priore della Delegazione di Reggio Emilia, e dall’avv. Franco Mazza, presidente della Delegazione di Reggio Emilia.
Il prof. Manfredi, visiting professor di diverse università in Italia e all’estero, è stato per molti anni docente all’Università di Venezia, alla Loyola University of Chicago, all’Ecole Pratique des Hautes Etudes della Sorbona di Parigi e alla Bocconi di Milano, ma è con il programma televisivo “Stargate-linea di confine” in onda da alcune stagioni su LA7 che diviene celebre al grande pubblico.
Autore di soggetti e sceneggiature per il cinema e la televisione, collabora come giornalista scientifico per importanti riviste italiane ed estere. La profonda preparazione di archeologo, ricercatore e storico lo porta a scrivere numerosi saggi e romanzi tradotti in tutto il mondo che gli valgono moltissimi riconoscimenti nazionali e internazionali: dalla nomina nel 1999 a “Man of the Year” da parte di American Biographical Institute, Raleigh, North Carolina, alla designazione nel 2003 a Commendatore della Repubblica “motu proprio” del Presidente Carlo Azeglio Ciampi, fino alla recente assegnazione, nel 2008, del prestigioso Premio Bancarella.
<<FONTE sassuolo2000>>

giovedì 20 ottobre 2011

Interviste, Io uomo di confine, Piumazzo la mia Itaca


In auto con Valerio Massimo Manfredi. Intrappolati sull’A1, un camion rovesciato tra Modena e Reggio Emilia. Stiamo andando a Pietrasanta, invitati nei rispettivi ruoli, lui autore, io editor, al festival letterario più originale di tutti. «Anteprime», inventato dal gruppo Mondadori, dove ogni autore si esibisce col proprio editor e con lui racconta il suo prossimo libro facendo vedere un po’ di backstage. Manfredi è lo scrittore italiano più letto nel mondo. Grazie alle sue avventurose trame epiche, fiction costruite con una fantasia incalzante che galoppa controllata dalla più rigorosa competenza del mondo classico. Della sua storia. Della sua archeologia. Delle sue lingue. È lo scrittore preferito da Fidel Castro conquistato con la saga avvincente di Alexandros, il re macedone. Milioni di copie nel mondo. Lui vive in una casa che ha costruito nella campagna emiliana, fra Modena e Bologna. A un passo da quella dei suoi avi e dalla stalla raccontata in “Otel Bruni”. Qui, da sempre, a Piumazzo abita la famiglia di Valerio Massimo Manfredi, archeologo, antichista, professore, sceneggiatore, conduttore televisivo ma soprattutto scrittore di numerosi bestseller storici. Ma questa è un’altra storia. Che ci riguarda da vicino.
Uno scrittore globale, profondamente radicato nel nostro territorio.
«Ho cambiato casa tre volte, ma abitando sempre nello stesso posto. Dove sono nato. Ora ho una bella casa, dove ci stanno tutti i miei libri. Ma al di là della siepe, vive ancora mia madre. Io la mattina mi alzo e le porto il caffè mentre lei zappa nell’orto. Nell'antica proprietà vivono ancora mia mamma e i miei due fratelli, io avevo bisogno di più spazio ma siamo sempre tutti insieme. La mia casa è stata realizzata secondo i desideri miei e di mia moglie Christine, che è di Chicago e insegna inglese ai cadetti all’Accademia. Oltre a tradurre i miei libri. Vanno e vengono i nostri figli, Giulia, artista, che vive a Berlino e Fabio, alle prese col suo primo libro, che vive a Roma. Giriamo tutti il mondo ma Piumazzo è sempre la nostra Itaca a cui tornare. La campagna. I grandi spazi. Memorie. Tradizioni. Modi di vivere. Quei valori elementari, ma fortissimi, di quel mondo antico che racconto nel mio ultimo romanzo».
Piumazzo sta al confine. Tra Modena e Bologna.
«Piumazzo, assieme a Castelfranco Emilia, è sempre stato nel bolognese. Ancora oggi chi va da Castelfranco verso il ponte di Sant’Ambrogio, al primo curvone, sulla sinistra, vede il cippo che segnava il confine tra lo Stato Pontificio e lo Stato Estense. È evidente che Piumazzo sta da questo versante. Parliamo bolognese. Siamo in Diocesi di Bologna. Il comune di Castelfranco fu trasferito alla provincia di Modena, quando Modena dovette rinunciare all’Abetone a vantaggio di Lucca. Onestamente, mi sento italiano. Per i miei studi. La mia cultura. Modena è una città amministrata bene. Pulita, piena di iniziative. Forte economicamente. Quando si sta in Emilia, si sta comunque in un magnifico paese. A Bologna ho fatto le medie e il ginnasio. Poi ho fatto il liceo al Muratori a Modena. E poi sono tornato a Bologna per l’università. La vita che fanno tutti gli uomini di confine. Questa estate nei giardini del Palazzo Ducale sarò a Modena per due serate in cui parlerò dell’Odissea. Il viaggio. Il ritorno».
E in Italia?
«Su scala nazionale l’aspetto più preoccupante riguarda il declino della scuola. Ricordo cosa fosse la scuola italiana quando io ho cominciato a studiare. Oggi la nostra scuola è in una crisi fortissima. E siccome la scuola che conta è quella pubblica, ciò porta a delle ingiustizie paurose. Solo i ricchi potranno permettersi di frequentare scuole decenti. E questa è la massima delle ingiustizie sociali. Sono figlio di un agricoltore, che aveva due piccoli poderi. Ho avuto delle possibilità straordinarie che mi sono state date tutte dalla scuola. Sono un prodotto al cento per cento della scuola statale. Di una buonissima scuola dello Stato. E questa è la vera democrazia. Tra i miei compagni di liceo c’è un fisico accademico dei Lincei, un direttore di France Soir, italiano, il numero due del politecnico di Milano, che insegna in Cina agli ingegneri cinesi. Tutti ragazzi che venivano da famiglie modeste. Se non si lavora con serietà su tutto il percorso formativo dei giovani, se non si ripristina l’eccellenza della scuola e dell’università, se non si premia il merito dei bravi e si costringe chi ha talento a emigrare, per questo paese saranno guai. Seri.»
Un luogo di Modena.
«La Piazza Grande con le absidi del Duomo è uno dei luoghi più belli d’Italia. E una fontana. Quando terminammo il terzo anno del liceo organizzammo la tradizionale cena tra compagni e professori. M’accorsi che non ero rasato, la mattina. Oggi un vezzo, alloro un segno di imperdonabile trascuratezza. Professori come Bassoli e Melli erano assai severi. Mi presentai con le guance fresche e impeccabili, perché andai a radermi con un sapone acquistato in tabaccheria alla fontana col putto di Graziosi, vicino al mercato coperto».

<<FONTE gazzettadimodena>>

mercoledì 19 ottobre 2011

Curiosità, esperti e studiosi a convengo per valorizzare il Tempio di Selinunte

Quaranta tra i maggiori esperti e studiosi di archeologia e restauro a livello internazionale da domani saranno a Selinunte (Trapani) per confrontarsi sulle sperimentazioni compiute e sulle linee di tendenza nel campo della conservazione e riconfigurazione dei monumenti archeologici ma anche sugli interventi di ricerca e valorizzazione che potranno riguardare il tempio G, uno dei maggiori dell'antichita', oggi allo stato di rovina, che si trova all'interno del parco archeologico. L'occasione e' il convegno ''Selinus 2011. Restauri dell'antico. Ricerche ed esperienze nel Mediterraneo di eta' greca'', promosso, da domani a domenica, dall'Assessorato regionale ai beni culturali e all'identita' siciliana, dalla Provincia di Trapani e dal Parco archeologico di Selinunte e Cave di Cusa.


L'iniziativa e' realizzata sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, e coinvolge i maggiori esperti e studiosi del settore provenienti da Grecia, Italia, Libia, Stati Uniti e Tunisia che, al Baglio Florio del parco archeologico di Selinunte, saranno impegnati in quattro giorni di lavori.

''Selinunte - ha detto il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo - e' una delle nostre priorita'. Qui sono stati destinati 8 milioni di fondi europei Po-Fesr 2007/13 e da questo impegno nasce la scelta di svolgere questo incontro, di altissimo livello scientifico, proprio a Selinunte. L'obiettivo e' quello di attirare, in quello che e' uno dei piu' vasti parchi archeologici d'Europa, un numero sempre crescente di visitatori e di valorizzare questo sito a livello internazionale''.

L'inaugurazione e' in programma domani alle ore 17 al Teatro Selinus di Castelvetrano alla presenza, tra gli altri, del presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, dell'assessore regionale ai beni culturali, Sebastiano Missineo, del presidente della Provincia di Trapani, Girolamo Turano e dello scrittore Valerio Massimo Manfredi.

Parteciperanno anche il sindaco di Castelvetrano Gianni Pompeo, il dirigente generale del dipartimento dei Beni Culturali Gesualdo Campo e Dieter Mertens, il cui nome e' legato allo studio delle caratteristiche fondamentali dell'architettura e dell'urbanistica greca in ambiente coloniale e che ha condotto scavi e ricerche nelle maggiori localita' dell'Italia meridionale greca tra cui Segesta e Selinunte.

''Riportare l'attenzione sullo straordinario patrimonio architettonico di Selinunte, di cui il tempio G e' il mirabile esempio, e inserire l'intera area archeologica nella ''World Heritage List'' dell'Unesco - ha spiegato Sebastiano Missineo, assessore regionale dei Beni culturali e dell'Identita' siciliana - e' uno dei progetti prestigiosi che la Regione intende portare avanti nel settore dei beni culturali e per il quale sono gia' stati predisposti adeguati finanziamenti. L'importante convegno, che si svolgera' proprio a contatto con i luoghi che vogliamo valorizzare per consentire ai visitatori una migliore e piu' completa fruizione, contribuira' a stabilire sotto il profilo scientifico se e come potra' avvenire il restauro. Esperti internazionali si incontrano per decidere le scelte migliori e il dibattito si preannuncia affascinante perche' studiosi provenienti da ogni parte della terra metteranno a confronto la propria esperienza per riconsegnare alla Sicilia e al patrimonio dell'Umanita' un complesso monumentale incomparabile nel suo genere, inserito in una delle zone della nostra regione il cui patrimonio storico, artistico e naturale e' unico al mondo''.

<<FONTE adnkronos>>

Curiosità, cittadinanza onoraria Giardini di Naxos

EXTRAMOENIA: MANFREDI E PIOMBI CITTADINI ONORARI DI NAXOS

Oggi chiusura di Extramoenia con la presentazione di Otel Bruni
Giardini Naxos (Me), 9 ottobre. Da ieri sera Giardini Naxos ha due cittadini in più, la firma Mondadori Valerio Massimo Manfredi, autore di alcuni dei best seller più venduti e tradotti degli ultimi anni, e il giornalista e presentatore televisivo Daniele Piombi, storico volto del Premio regia televisiva. Con la cerimonia di consegna del Premio Teocle e il conferimento della cittadinanza onoraria di Giardini, evento che si è svolto ieri sera al Cineteatro Comunale, Extramoenia 2011 si avvia alla conclusione.

<<FONTE parcodeinebrodi>>

Video, cittadinanza onoraria ad Ardesio


Interviste, La storia e non solo



Per gli amanti della Storia e del romanzo storico italiani i nomi di Valerio Massimo Manfredi e di Alessandro Barbero sono una garanzia: il primo ha scritto numerosi romanzi tra Storia e realtà e saggi sull’antichità, il secondo ha affiancato all’attività di storico quella di romanziere, con Gli occhi di Venezia. Parlando con loro si capisce di quanto la nostra vita non possa prescindere dalla memoria di chi ci ha preceduto e ci ha aiutati a diventare quello che siamo.
Ma due storici come immaginano il futuro, proiettati così come sono nel passato?
«Il futuro è una brutta bestia», dice Alessandro Barbero, «ed è una caratteristica della nostra epoca non riuscire ad immaginarlo. Del resto, nel 1857 Cavour rispose che erano corbellerie a chi gli prospettava come prossima l’Unità d’Italia, non perché non ci credesse ma perché la vedeva come cosa molto più remota e lontana. Diciamo che un tempo c’era l’idea che il futuro avrebbe portato cose buone, oggi questo c’è meno e si tende invece a deformare il passato a proprio vantaggio».
Ma che differenza c’è tra scrivere di Storia e scrivere un romanzo storico?
«Il punto è che la mente umana cerca di arrivare alla verità, che è irraggiungibile», ricorda Valerio Massimo Manfredi, «la Storia è passato, ma è attuale solo nella misura in cui la consideriamo. Narrare la Storia è nato prima della ricostruzione storica stessa, Omero è venuto prima di Tucidide, e ci racconta una storia meravigliosa, quella di barbari micenei che diventano eroi. A noi non basta mai la vita che abbiamo, la nostra mente ha bisogno di essere riempita con avventure, anche perché nessuno di noi può vivere senza memoria, senza identità, senza emozioni, e quando scrivo sono io per primo a provare le emozioni che devo comunicare».
Pur avendo scelto di raccontare storie ambientate in epoche diverse, i libri di Valerio Massimo Manfredi e di Alessandro Barbero sono accomunati da una narrazione appassionante di fatti di solito freddi e da personaggi che non ci sono nelle storie ufficiali che sanno affascinarti.
«Se si scrive un romanzo storico non si può evitare di fare un confronto con Manzoni», dice Barbero, «che aveva il progetto ideologico di parlare degli umili, e non di Re e Papi, anticipando la storiografia moderna. Certo, quando si parla di contadini nella Storia non si parla mai del singolo contadino, quello spetta al romanziere».
Ma quanto è importante la Storia per capire la nostra identità, sopratutto in un anno come questo?
«Ho riletto l’altro giorno le Res Gestae di Augusto, l’imperatore che ha creato non solo l’impero romano, ma l’Occidente come oggi lo conosciamo ancora, che dice Nelle mie mani giurò spontaneamente tutta l’Italia», dice Manfredi e continua «vorrei sapere se esiste un altro Paese che ha un atto costitutivo così forte.»
«Vorrei aggiungere una cosa sull’Italia», ricorda invece Barbero, «quando oggi ci dicono che l’Italia non esisteva, che era disunita, in realtà è dal XIV secolo che chiunque abbia voluto scrivere qualcosa in Italia si sforza di farlo in italiano e non in latino o in dialetto. In città come Costantinopoli esisteva la Società Italiana degli Operai, di cui fece parte Garibaldi prima dell’impresa dei Mille».
«Infatti ci hanno sempre chiamati tutti italiani», continua Manfredi, «anche perché si critica come è nato il nostro Paese, ma in fondo la Spagna è nata da un matrimonio, altri Paesi come Belgio, Olanda, Iraq e Senegal sono nati a tavolino. Noi ci siamo da 25 secoli.»
Valerio Massimo Manfredi e Alessandro Barbero vivono per molto tempo nel passato, con persone che parlavano lingue come il latino o il greco, spesso in tempi recenti disprezzate per la loro presunta inutilità.
«Quando un ragazzo mi chiede a cosa serve il greco antico, io gli rispondo a niente e per questo è indispensabile», dice Manfredi, «mi è capitato di leggere una lettera di Frontone all’imperatore Marco Aurelio, in cui gli racconta la sua giornata che ha vendemmiato e poi è andato a trovare la nonna che stava male e le ha letto una poesia di Virgilio. In quel momento io parlo con l’imperatore dei romani e scopro che condividiamo la stessa umanità. E per apprezzare queste cose serve la cultura, che te la può trasmettere solo una scuola pubblica che funziona, io ho potuto studiare grazie alla scuola pubblica».
«E poi il greco e il latino sono due lingue che sono state usate per 1500 anni», ricorda Barbero, «non conoscerle significa non riuscire a parlare con la stragrande maggioranza delle persone vissute sulla Terra».
Parlando di fatti più recenti, come la Resistenza, come si può conciliare la memoria con la Storia?
«Una famiglia antifascista avrà una memoria diversa dei fatti che non una famiglia fascista», dice Barbero, «ma la Storia vuol dire guardare oltre il tuo naso, confrontando la propria memoria con quella degli altri. Negli Stati Uniti nell’Ottocento c’è stata una Guerra civile, il Sud ha perso, oggi l’argomento è conosciutissimo, ma tutti sono d’accordo che è andata bene che i fatti si siano svolti così e non ci sono più strumentalizzazioni politiche. Il passato non è chiuso e non va mai strumentalizzato».
Il mondo classico cadde di fronte all’incalzare dei barbari, che oggi viene a volte rievocato per scatenare la paura dello straniero e dell’immigrato.
«Barbaro è una parola greca, che indica tutti quelli che non parlavano la lingua greca, poi i Greci si accorsero che c’erano barbari più forti di loro, i Romani, e così i barbari diventarono quelli che non sapevano latino e greco. Ognuno è sempre il barbaro di qualcun altro», dice Barbero.
«I barbari erano comunque attirati dall’Impero romano, dove c’erano strade lastricate, biblioteche, terme, portici, ed era un po’ quello che oggi fa la tv verso le popolazioni più disperate. L’Impero romano è poi crollato per vari motivi, ma quelli chiamati barbari, allora come oggi, l’hanno salvato per lungo tempo, la strada è l’assimiliazione di modo che le varie culture possano convivere», ricorda Manfredi e aggiunge: «Inaccettabile comunque che in Parlamento sieda una forza politica che disprezzi l’Unità, costruita con il sangue di tutti gli italiani, che parli di un’entità territoriale che non è mai esistita, che si dimentichi che già nell’antichità erano italiani e romani personaggi nati al di fuori come Seneca, Virgilio, Plinio».
La Storia per capire il presente, l’appassionarsi a fatti lontani per diventare più consapevoli della propria vita e del proprio ruolo adesso.
 <<FONTE rivistahydepark>>

Curiosità, c’è Storia e storia


Nel corso della presentazione, a Firenze, del suo ultimo romanzo, Idi di Marzo, l’archeologo Valerio Massimo Manfredi ha spiegato al pubblico presente in sala la differenza che corre tra raccontare la Storia e raccontare una storia, tra la saggistica e la narrativa. In sostanza, c’è Storia e storia.

Nella lingua inglese questa differenza di significato si coglie direttamente nel vocabolario: con History si intende la Storia vera e propria, con Story si intende la narrativa/letteratura, quindi il romanzo storico. History ricostruisce la memoria storica, mentre la letteratura comunica emozioni, non nozioni. Per fare questo, però, deve comunque sembrare autentica, per cui l’ambientazione sarà il più possibile verosimile e accurata. Il vantaggio della letteratura rispetto alla saggistica è che l’autore del romanzo storico può inserire in una stessa pagina tutti gli aspetti “sensoriali” della vita: odori, profumi, brividi, voci, gesti…l’autore di un saggio storico non può. In questo senso l’autore di letteratura è onnipotente perché ricrea la vita.

Interviste, Impero su La7

Valerio Massimo Manfredi è tornato su La 7 con un nuovo ciclo di Impero in onda tutti i giovedì alle 21,10. Sono già andate in onda le prime due puntate, una dedicata alla figura di Pio XII e l’altra a Nerone (qui trovate i video).
Il programma è ideato e scritto da Cristoforo Gorno con Tommaso Franchini e Natascha Lusenti. La produttrice è Cristina Urbani con la regia di Riccardo Mazzon. Nelle prossime si analizzeranno la Sindone, la bomba atomica, Ulisse, i Medici. Insomma al vaglio dello studioso tutto ciò che è potere, che ha generato potere, che ha mosso potere.
Ne parlo al telefono proprio con Manfredi in una convulsa (per lui) mattinata in cui però non perde nell’ordine: mai la pazienza; mai la disponibilità; mai il filo del discorso.
D.: Buongiorno professore, non posso fare a meno di esordire con un “complimenti per la trasmissione”. Ho trovato la puntata su Nerone molto ben curata, accademica, ricca di fonti e di citazioni. Come è arrivato uno studioso-scrittore del suo calibro alla Tv?
R.: Il mio coinvolgimento televisivo è avvenuto per caso. Mi venne a trovare Cristoforo Gorno e mi lasciò dicendomi che avrebbe voluto fare qualcosa con me in tv. Mi telefonò qualche tempo dopo annunciandomi che aveva il programma per me. Siamo partiti con 30 puntate e siamo arrivati a produrne 8. Ci vuole troppo tempo e molto lavoro e per fare bene le cose meglio ridurre il numero. Su 100 minuti di trasmissione 50 minuti sono interamente fatti da noi.
D.: Che differenza c’è per lei tra lo scrivere un libro e una trasmissione televisiva?
R.: La differenza consiste nel semplificare. Noi abbiamo già un pubblico di un certo livello ma la Tv resta comunque uno strumento più complesso di un libro che richiede che sia tutto più sintetico. Non c’è spazio per la riflessione, per la discussione. Diciamo anche che la nostra è un’opera buona.
D.: Come sono costruite le puntate?
R.: Abbiamo quest’anno un format un po’ diverso. Se in passato siamo stati più orientati all’epica, in questa edizione ci siamo rivolti di più alla critica. Ci sono le testimonianze, e si raccolgono le opinioni dell’accusa e della difesa. Con la puntata di Nerone abbiamo avuto non poche difficoltà a trovare dei punti a favore, troppo scarse le fonti.
D.: La puntata più difficile?
R.: Proprio la prima, quella dedicata alla figura di Pio XII. La sua posizione istituzionale, le ombre che lo hanno riguardato assieme alle sfumature sono stati elementi difficili da far emergere. La Tv non condanna e non assolve, ma abbiamo voluto una sintesi equilibrata.
D.: Come nasce il titolo “Impero”?
R.: Impero è certamente un titolo accattivante, ma di fatto lo abbiamo scelto per il concetto di potere che porta in sé. Analizziamo il potere nelle sue declinazioni e nelle sue conseguenze. Noi ragioniamo ad esempio sul potere delle invenzioni nel momento in cui gli scienziati le consegnalo alla politica. Ci sarà una puntata dedicata alla bomba atomica.
D.: Un Impero che le è piaciuto?
R.: Ragionando in termini storici l’Unione Europea. E’ un impero unico nella storia dell’uomo. Non a caso è definito il “Silent Empire”, l’Impero silenzioso: non fa chiasso, non fa proclami, ma è cosnistente. E’ un impero unico e non si hanno eguali nella storia. Per scelta, un gruppo di popoli che si è anche combattuto duramente, ha deciso di allearsi. E’ sicuramente un esperimento. Il rovescio della medaglia è sotto gli occhi di tutti: ha poco peso politicamente. Ma appunto essendo un esperimento non sappiamo ancora dove ci porterà.
D.: La immagino nel mezzo di mille progetti.
R.: Si sto scrivendo il mio ultimo romanzo. Una stroia che va dal 1914 al 1950 e che racconta di una famiglia composta da 7 fratelli e da una sorella, mia nonna. Racconto la loro storia a cavallo delle due guerre. Questa famiglia vive il novecento in una dimensione mitica e racconterò i loro drammi individuali che si intrecciano con quelli della storia.
<<FONTE tvblog.it>>

Interviste, otel bruni ad extramoenia.it

“Alla memoria di mio nonno Alfonso e mia nonna Maria e a mio figlio Fabio Emiliano, che molto ha lavorato per riscattare l’onore di Armando Bruni”.
Basta leggere la dedica impressa nelle prime pagine del voluminoso romanzo Mondadori per intuire il retrogusto familiare di Otel Bruni, il nuovo libro di Valerio Massimo Manfredi, il primo estraneo al filone dell’epopea storica. Per cogliere la profondità dei riferimenti personali, invece, è necessario ascoltare dalla viva voce dell’autore la saga familiare dei Bruni. Come ha fatto stamattina il pubblico al Cineteatro comunale di Giardini Naxos nell’ambito di Extramoenia. Dalle risposte di Manfredi, stimolate dalle domande dei lettori e di Monica Centanni, è emerso una sorta di “commentario” in presa diretta al romanzo in cui hanno preso forma e consistenza le vicende, i racconti, le leggende della sua terra, della sua gente e della sua famiglia, la famiglia di sua madre. La realtà dietro la finzione narrativa. Una piccola storia di contadini tra le pieghe delle ferite inferte dalla Prima Guerra Mondiale.
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Otel Bruni è una storia che nasce dal basso, dagli uomini e dalle donne che non hanno volto nella grande storia. Ho sempre avuto nella mente e nelle orecchie questa saga, l’ho sentita fin da bambino. Troppo tardi mi sono reso conto che avevo in mano un tesoro della memoria che sarebbe stato un peccato lasciare sfumare. Una microstoria che aiuta ad illuminare lo sfondo storico, ricca di paralleli con la tradizione classica. La sofferenza del padre che si domanda quanti dei suoi sette figli torneranno dalla guerra, i suoi sospiri nel cuore della notte, mi hanno fatto pensare a Laerte e all’Odissea”.
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“Un ruolo fondamentale nel recupero di questo spaccato di storia contemporanea l’ha avuto mio figlio che ha scritto una tesi di laurea sulle vicende irrisolte del dopoguerra emiliano. Mi sono vergognato scoprendo di sapere di più delle guerre persiane piuttosto che della storia contemporanea che aveva lambito la mia famiglia. Sono rimasto colpito dai tanti memoriali raccolti dai protagonisti, che tutti dovrebbero leggere. Perché quel mondo che si dovrebbe consegnare alla memoria, quelle storie, quei valori suggeriti dall’ineluttabilità  e radicati come principi, la solidarietà, la famiglia, la coesione, la carità”.
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A chi lo accusa di pesare con bilancino le ragioni dei rossi e le ragioni dei neri, Manfredi risponde: “Probabilmente non sarà possibile costruire una memoria condivisa, ma il fatto umano non si può ignorare. Nessuno è tutto nero e tutto bianco. I nostri genitori e i nostri nonni credevano che questo fosse un Paese per cui valeva la pena morire, oggi il nostro premier lo bestemmia, lo giudica un Paese di merda”.

<<FONTE blogdiextramoenia>>

Video, salone del libro di Torino


Intervista web chat al salone del libro di Torino

Interviste, Salvaguardiamo la parola e la tradizione orale, senza arrenderci ai computer

Un romanzo che narra storie di uomini e viaggiatori, recuperati grazie alla tradizione orale. Un’immagine lontana dall’oggi dove, con un clic, si conoscono e si incontrano persone e esperienze. Ma che Valerio Massimo Manfredi, archeologo e scrittore italiano, ha condensato con fascino nelle pagine di Otel Bruni (Mondadori).
Dall’alba mozzafiato di Delfi e della mitologia greca, all’Otel Bruni (senza l’acca): cosa cambia in questa narrazione?
Nulla di radicale, c’è una collocazione molto più vicina a noi. Il racconto di una vicenda straordinaria di enorme intensità, estremamente vibrante, con in più il fatto che si tratta di un tema scottante che ancora divide. E di cui ancora vediamo le conseguenze negli scontri continui della politica, la quale sembra aver dimenticato che è lì per unire e non per separare il nostro paese.
Cosa incarna l’Otel Bruni?
È ispirato da una storia vera, il ramo materno della famiglia di mia madre. Sette fratelli e due sorelle, la più piccola Maria Bruni era mia nonna. Narro di una storia che ho sentito raccontare in casa dalla nonna e dalla mamma. E che mi ero in qualche modo dimenticato di quanto fosse unica, straordinaria e formidabile. Degna insomma di essere consegnata alla memoria. Come lo è la civiltà contadina di cui era parte.
Quanto conta oggi, nell’era delle rete, la tradizione orale dei racconti? Quasi un reperto archeologico?
È stato un modo di trasmissione del sapere e dell’esperienza fondamentale per decine di millenni. Ciò che adesso soppianta questa tradizione è il mutamento radicale della società. Il fatto che molti genitori si sono arresi al computer e ad altri oggetti che, pur preziosi, possono essere anche molto nocivi. Quindi hanno abdicato di fronte ai social network, rinunciando alla trasmissione personale di informazioni e contatti. Di esperienze che rappresentano un tesoro inestimabile.
Quale nell’economia globale del romanzo l’apporto della terra e della famiglia?
Molto forte, perché è un racconto drammatico con venature oniriche di magia, di eventi fuori dalla consuetudine accorsi a una famiglia che attraversa il secolo breve prendendovi parte molto attivamente. Due dei maschi furono accusati di omicidio, uno sicuramente innocente e l’altro al 98%: di questo si è occupato mio figlio nella sua tesi di laurea. Una narrazione forte, nella quale questa famiglia, attraverso la prima guerra mondiale, il fascismo, il secondo conflitto e la guerra civile, esce stritolata e di fatto devastata. Ci si rende anche conto del prezzo pagato da un tipo di società molto generosa e onesta. Che teneva la parola data, che aveva il senso dell’onore, il senso della fedeltà, della solidarietà umana. Assieme a tutti gli aspetti di rozzezza di un mondo rustico e arcaico. Con valori straordinari, che mi sembrava valesse la pena di trasmettere prima che se ne perdesse la memoria.
L’hotel come contenitore attuale delle memorie: la gente si incontra ancora nelle agorà di un tempo? O ha smesso di farlo abdicando in favore dei social network?
L’Hotel Bruni è in realtà la stalla di questa famiglia, grande come una cattedrale, dove chiunque bussasse a quella porta nel pieno dell’inverno, sorpreso da una bufera o da un temporale, veniva poi ospitato. Molta gente con storie incredibili da raccontare che vi rimaneva anche tutto l’inverno, in attesa che si sciogliesse la neve, prima di rimettersi in viaggio. Depositari di episodi anche agghiaccianti, con esperienze fuori dal comune o che si inventava di averle fatte. Comunque un luogo di incontro di cui serbo memoria, in quanto ero molto piccolo. E che ho avuto modo di osservare anche in casa mia.
E adesso?
Intanto abbiamo famiglie più piccole, quindi l’unità familiare è profondamente cambiata. Il televisore o il videogioco hanno preso il posto della comunità. Io ad esempio ho il televisore solo nel seminterrato, in quell’area della mia casa destinata al tempo libero o al lavoro. Ma non nel resto della casa, dove trovo piacevole incontrare persone e parlare, senza mortificare i rapporti e i contatti umani. Le aree dedicate alla famiglia sono solo dedicate a quello. Bisogna imparare a salvaguardare la parola, la chiacchiera, la discussione, scambiandosi le esperienze della giornata. Ho trascorso la scorsa estate con mio figlio convalescente, io lavorando al mio libro e lui alla sua tesi. E ci ritrovavamo attorno a un tavolo per il pranzo e per la cena. Ecco il seme con cui germogliare i rapporti.

<<FONTE ilfuturista>>