giovedì 15 marzo 2012

Sogni, curiosità

Piacere condiviso da Valerio Massimo Manfredi: «Plano come un aliante su paesaggi incontaminati: è l'unico sogno che mi rimane impresso» rivela lo scrittore «forse perché mi dà soddisfazione. Mi è capitato sotto anestesia: credo di saper volare, al risveglio vorrei annotare tutto, ma il ricordo svanisce immediatamente».

A OCCHI CHIUSI QUI E ORA: coscienza disattivata e immagini libere di fluire nel vissuto emotivo. Nel suo ultimo saggio, Dimmi come sogni (Oscar Mondadori), Bruno G. Bara, psicoterapeuta e direttore del Centro di Scienza Cognitiva dell’Università di Torino, declina l’attività onirica al presente. «Rispetto ai classici della psicoanalisi e alla divinazione, orientati a leggere il passato o il futuro - spiega - la mia ricerca si sofferma sulle emozioni immediate».
Altra novità, il libro coglie la cifra personale: «Non si può generalizzare, trasferire l’interpretazione da una persona all’altra. Ognuno è lo sceneggiatore del suo film, da ripercorrere per intero senza limitarsi al personaggio con cui ci si identifica». Vero, però, che alcune "trame" ricorrono spesso: al di là delle singole sfumature, se ne possono trarre indicazioni di carattere generale. «Il volo» ricorda Bara «è molto frequente, sia come sensazione di libertà e onnipotenza sia come paura di precipitare». Comune anche il "viaggio in salita", legato alla difficoltà di raggiungere la meta: «L’ostacolo può essere interiore o esteriore - sottolinea il neuroscienziato - e a volte, nella sequenza onirica, si riesce a superarlo». E quando si sogna la morte di qualcuno? «Già nell’antica tradizione cinese si attribuiva il significato opposto, di lunga vita. In realtà, esprime l'augurio o il timore della perdita». Colorito l'universo, spesso ambivalente, delle fantasie erotiche: «Un paziente fobico, a un passo dall'altare dopo essersi già tirato indietro due volte ha sognato la futura moglie in abito da sposa e lingerie sexy, come a dire: "Ti prego, rimani sempre la mia amante"».

Dalle gag in fase rem agli incubi: alcuni ansiogeni, altri solo imbarazzanti come quello di Massimiliano Fuksas. «Mi ritrovo seminudo a piazza Venezia» confessa l'architetto. «Sono disteso su un letto, con la parte inferiore del corpo scoperta: mi sento così a disagio che svegliarmi è una liberazione». Da piccolo, nel sonno riviveva la prematura scomparsa del padre: «È morto quando avevo sei anni. Mi addormentavo da solo nella mia stanza e sognavo di alzarmi per andare in cucina a bere. Dalla finestra, vedevo la sagoma di un uomo con un coltello in mano: per guardarlo da vicino, mi sporgevo troppo e cadevo giù».

Jannis Kounellis, ammette di preferire l'oblio: «I sogni nascono nell'infanzia: se è bella, riflettono una dimensione idilliaca - ragiona l'artista greco - ma io sono cresciuto durante la guerra e faccio di tutto per non ricordarla». Dell'attività onirica lo affascina la ricchezza espressiva: «L'immaginazione, come il sogno - sostiene il big del movimento dell'Arte Povera - per essere comunicata ha bisogno di un linguaggio. La differenza è che la creatività è voluta e si formalizza in codici non autoreferenziali, ma comprensibili a tutti». Motivo per cui il suo habitat ideale è l'immaginario: terreno fertile per l'inventiva, impermeabile ai fantasmi del passato.

Jane Alexander, impegnata nelle riprese di Mistero, il programma tv dedicato a spiritismo e paranormale (le nuove puntate andranno in onda a marzo), da bambina sognava spesso «di essere attaccata dai lupi. Ero così agitata che cadevo dal letto e mi svegliavo». Di recente, tra le braccia di Morfeo, si è ritrovata su un set surreale: «Sono a un matrimonio, sto per lanciare il riso sugli sposi, ma mi piove in testa una manciata di chicchi» ricostruisce l'ex cattiva della fiction Elisa di Rivombrosa. «Nella scena successiva, sono al banchetto nuziale e mi sento tirare da due mani senza corpo: sotto il tavolo, c'è una mia amica che inizia a massaggiarmi. Alla fine, sto per andarmene ma mi orinano addosso. M'inginocchio disperata, gli amici mi consolano e, per fortuna, il sogno finisce».

Visioni angosciose anche per Camilla Filippi, che vedremo al cinema nel film Venuto al mondo di Sergio Castellitto e a teatro (al Museo Diocesano di Brescia) con un monologo tratto dal libro Signori e signore di Alan Bennett. «Il mio sogno più strano» rivela «risale a una decina di anni fa. Scendevo le scale di casa e, a ogni pianerottolo, trovavo pezzi ben ordinati del cane lupo che avevo da piccola: zampe, busto, testa, coda. Uscita in strada, provavo un'ansia terrificante. Da sveglia, mi sono arrovellata ma non sono riuscita a decifrarlo: di quel cane mi ricordavo solo attraverso le foto, quando è morto avrò avuto cinque anni.

Sarà la verve comica, sarà l'indole da mattatrice, ma Debora Villa è in controtendenza: «Sogno spesso di volare: un po' come i pionieri dei filmati storici, che si levano con i loro aerei rudimentali per schiantarsi subito dopo». L'ex cabarettista di Zelig descrive così il training che compie in alta quota durante il sonno. «All'inizio non compivo che pochi balzi altissimi per ricadere immediatamente, ora invece ho imparato questa pratica che mi permette di vedere la terra dal cielo o, addirittura, dallo spazio. La sensazione è quella di una guadagnata libertà: appena inizio a volare, capisco subito che sto sognando e la mia attività onirica diventa consapevole. È bellissimo: mi sveglio un po' stanca, ma felice».

Piacere condiviso da Valerio Massimo Manfredi: «Plano come un aliante su paesaggi incontaminati: è l'unico sogno che mi rimane impresso» rivela lo scrittore «forse perché mi dà soddisfazione. Mi è capitato sotto anestesia: credo di saper volare, al risveglio vorrei annotare tutto, ma il ricordo svanisce immediatamente».

Roberto Giolito
, direttore del Centro stile Fiat, si crogiola in altre capriole: on the road. «Mi addormento fantasticando di scoprire luoghi inesistenti, a bordo del mio camper Hymer con la moquette e le tendine marroni» racconta il designer. «È un'atmosfera da musicista nomade che va a suonare in giro: un po' come il protagonista del libro Strade blu di William Least Heat-Moon».

Il sogno ricorrente di Corrado Fortuna incarna, invece, la sindrome del blackout: «Sto per debuttare a teatro, si alza il sipario e non ho mai letto il copione» l'attore, che è nel cast della serie televisiva Tutti pazzi per amore 3, trasfigura così l'ansia dell'imprevisto. «Il significato mi sfugge, forse rappresenta la paura di dover fare qualcosa di cui non ho il controllo. Di solito sono velocissimo a imparare a memoria la parte, i colleghi mi invidiano: magari, nell'inconscio ho il terrore di perdere questo dono».

<<FONTE: iodonna>>

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