Piacere condiviso da Valerio Massimo Manfredi:
«Plano come un aliante su paesaggi incontaminati: è l'unico sogno che
mi rimane impresso» rivela lo scrittore «forse perché mi dà
soddisfazione. Mi è capitato sotto anestesia: credo di saper volare, al
risveglio vorrei annotare tutto, ma il ricordo svanisce immediatamente».
A OCCHI CHIUSI QUI E ORA: coscienza disattivata e immagini libere di fluire nel vissuto emotivo. Nel suo ultimo saggio, Dimmi come sogni (Oscar Mondadori), Bruno G. Bara, psicoterapeuta e
direttore del Centro di Scienza Cognitiva dell’Università di Torino,
declina l’attività onirica al presente. «Rispetto ai classici della
psicoanalisi e alla divinazione, orientati a leggere il passato o il
futuro - spiega - la mia ricerca si sofferma sulle emozioni immediate».
Altra
novità, il libro coglie la cifra personale: «Non si può generalizzare,
trasferire l’interpretazione da una persona all’altra. Ognuno è lo
sceneggiatore del suo film, da ripercorrere per intero senza limitarsi
al personaggio con cui ci si identifica». Vero, però, che alcune "trame"
ricorrono spesso: al di là delle singole sfumature, se ne possono
trarre indicazioni di carattere generale. «Il volo» ricorda Bara «è
molto frequente, sia come sensazione di libertà e onnipotenza sia
come paura di precipitare». Comune anche il "viaggio in salita", legato
alla difficoltà di raggiungere la meta: «L’ostacolo può essere
interiore o esteriore - sottolinea il neuroscienziato - e a volte, nella
sequenza onirica, si riesce a superarlo». E quando si sogna la morte di
qualcuno? «Già nell’antica tradizione cinese si attribuiva il
significato opposto, di lunga vita. In realtà, esprime l'augurio o il
timore della perdita». Colorito l'universo, spesso ambivalente, delle
fantasie erotiche: «Un paziente fobico, a un passo dall'altare dopo
essersi già tirato indietro due volte ha sognato la futura moglie in
abito da sposa e lingerie sexy, come a dire: "Ti prego, rimani sempre la
mia amante"».
Dalle gag in fase rem agli incubi: alcuni ansiogeni, altri solo imbarazzanti come quello di Massimiliano Fuksas.
«Mi ritrovo seminudo a piazza Venezia» confessa l'architetto. «Sono
disteso su un letto, con la parte inferiore del corpo scoperta: mi sento
così a disagio che svegliarmi è una liberazione». Da piccolo, nel sonno
riviveva la prematura scomparsa del padre: «È morto quando avevo sei
anni. Mi addormentavo da solo nella mia stanza e sognavo di alzarmi per
andare in cucina a bere. Dalla finestra, vedevo la sagoma di un uomo con
un coltello in mano: per guardarlo da vicino, mi sporgevo troppo e
cadevo giù».
Jannis Kounellis,
ammette di preferire l'oblio: «I sogni nascono nell'infanzia: se è
bella, riflettono una dimensione idilliaca - ragiona l'artista greco -
ma io sono cresciuto durante la guerra e faccio di tutto per non
ricordarla». Dell'attività onirica lo affascina la ricchezza espressiva:
«L'immaginazione, come il sogno - sostiene il big del movimento
dell'Arte Povera - per essere comunicata ha bisogno di un linguaggio. La
differenza è che la creatività è voluta e si formalizza in codici non
autoreferenziali, ma comprensibili a tutti». Motivo per cui il suo
habitat ideale è l'immaginario: terreno fertile per l'inventiva,
impermeabile ai fantasmi del passato.
Jane Alexander, impegnata nelle riprese di Mistero,
il programma tv dedicato a spiritismo e paranormale (le nuove puntate
andranno in onda a marzo), da bambina sognava spesso «di essere
attaccata dai lupi. Ero così agitata che cadevo dal letto e mi
svegliavo». Di recente, tra le braccia di Morfeo, si è ritrovata su un
set surreale: «Sono a un matrimonio, sto per lanciare il riso sugli
sposi, ma mi piove in testa una manciata di chicchi» ricostruisce l'ex
cattiva della fiction Elisa di Rivombrosa.
«Nella scena successiva, sono al banchetto nuziale e mi sento tirare da
due mani senza corpo: sotto il tavolo, c'è una mia amica che inizia a
massaggiarmi. Alla fine, sto per andarmene ma mi orinano addosso.
M'inginocchio disperata, gli amici mi consolano e, per fortuna, il sogno
finisce».
Visioni angosciose anche per Camilla Filippi, che vedremo al cinema nel film Venuto al mondo di Sergio Castellitto e a teatro (al Museo Diocesano di Brescia) con un monologo tratto dal libro Signori e signore di
Alan Bennett. «Il mio sogno più strano» rivela «risale a una decina di
anni fa. Scendevo le scale di casa e, a ogni pianerottolo, trovavo pezzi
ben ordinati del cane lupo che avevo da piccola: zampe, busto, testa,
coda. Uscita in strada, provavo un'ansia terrificante. Da sveglia, mi
sono arrovellata ma non sono riuscita a decifrarlo: di quel cane mi
ricordavo solo attraverso le foto, quando è morto avrò avuto cinque
anni.
Sarà la verve comica, sarà l'indole da mattatrice, ma Debora Villa è
in controtendenza: «Sogno spesso di volare: un po' come i pionieri dei
filmati storici, che si levano con i loro aerei rudimentali per
schiantarsi subito dopo». L'ex cabarettista di Zelig
descrive così il training che compie in alta quota durante il sonno.
«All'inizio non compivo che pochi balzi altissimi per ricadere
immediatamente, ora invece ho imparato questa pratica che mi permette di
vedere la terra dal cielo o, addirittura, dallo spazio. La sensazione è
quella di una guadagnata libertà: appena inizio a volare, capisco
subito che sto sognando e la mia attività onirica diventa consapevole. È
bellissimo: mi sveglio un po' stanca, ma felice».
Piacere condiviso da Valerio Massimo Manfredi:
«Plano come un aliante su paesaggi incontaminati: è l'unico sogno che
mi rimane impresso» rivela lo scrittore «forse perché mi dà
soddisfazione. Mi è capitato sotto anestesia: credo di saper volare, al
risveglio vorrei annotare tutto, ma il ricordo svanisce immediatamente».
Roberto Giolito,
direttore del Centro stile Fiat, si crogiola in altre capriole: on the
road. «Mi addormento fantasticando di scoprire luoghi inesistenti, a
bordo del mio camper Hymer con la moquette e le tendine marroni»
racconta il designer. «È un'atmosfera da musicista nomade che va a
suonare in giro: un po' come il protagonista del libro Strade blu di William Least Heat-Moon».
Il sogno ricorrente di Corrado Fortuna incarna,
invece, la sindrome del blackout: «Sto per debuttare a teatro, si alza
il sipario e non ho mai letto il copione» l'attore, che è nel cast della
serie televisiva Tutti pazzi per amore 3,
trasfigura così l'ansia dell'imprevisto. «Il significato mi sfugge,
forse rappresenta la paura di dover fare qualcosa di cui non ho il
controllo. Di solito sono velocissimo a imparare a memoria la parte, i
colleghi mi invidiano: magari, nell'inconscio ho il terrore di perdere
questo dono».
<<FONTE: iodonna>>
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