“Alla memoria di mio nonno Alfonso e mia nonna Maria e a mio figlio
Fabio Emiliano, che molto ha lavorato per riscattare l’onore di Armando
Bruni”.
Basta leggere la dedica impressa nelle prime pagine del voluminoso romanzo Mondadori per intuire il retrogusto familiare di Otel Bruni, il nuovo libro di Valerio Massimo Manfredi, il primo estraneo al filone dell’epopea storica. Per cogliere la profondità dei riferimenti personali, invece, è necessario ascoltare dalla viva voce dell’autore la saga familiare dei Bruni. Come ha fatto stamattina il pubblico al Cineteatro comunale di Giardini Naxos nell’ambito di Extramoenia. Dalle risposte di Manfredi, stimolate dalle domande dei lettori e di Monica Centanni, è emerso una sorta di “commentario” in presa diretta al romanzo in cui hanno preso forma e consistenza le vicende, i racconti, le leggende della sua terra, della sua gente e della sua famiglia, la famiglia di sua madre. La realtà dietro la finzione narrativa. Una piccola storia di contadini tra le pieghe delle ferite inferte dalla Prima Guerra Mondiale.

“Otel Bruni è una storia che nasce dal basso, dagli uomini e dalle donne che non hanno volto nella grande storia. Ho sempre avuto nella mente e nelle orecchie questa saga, l’ho sentita fin da bambino. Troppo tardi mi sono reso conto che avevo in mano un tesoro della memoria che sarebbe stato un peccato lasciare sfumare. Una microstoria che aiuta ad illuminare lo sfondo storico, ricca di paralleli con la tradizione classica. La sofferenza del padre che si domanda quanti dei suoi sette figli torneranno dalla guerra, i suoi sospiri nel cuore della notte, mi hanno fatto pensare a Laerte e all’Odissea”.

“Un ruolo fondamentale nel recupero di questo spaccato di storia contemporanea l’ha avuto mio figlio che ha scritto una tesi di laurea sulle vicende irrisolte del dopoguerra emiliano. Mi sono vergognato scoprendo di sapere di più delle guerre persiane piuttosto che della storia contemporanea che aveva lambito la mia famiglia. Sono rimasto colpito dai tanti memoriali raccolti dai protagonisti, che tutti dovrebbero leggere. Perché quel mondo che si dovrebbe consegnare alla memoria, quelle storie, quei valori suggeriti dall’ineluttabilità e radicati come principi, la solidarietà, la famiglia, la coesione, la carità”.

A chi lo accusa di pesare con bilancino le ragioni dei rossi e le ragioni dei neri, Manfredi risponde: “Probabilmente non sarà possibile costruire una memoria condivisa, ma il fatto umano non si può ignorare. Nessuno è tutto nero e tutto bianco. I nostri genitori e i nostri nonni credevano che questo fosse un Paese per cui valeva la pena morire, oggi il nostro premier lo bestemmia, lo giudica un Paese di merda”.
<<FONTE blogdiextramoenia>>
Basta leggere la dedica impressa nelle prime pagine del voluminoso romanzo Mondadori per intuire il retrogusto familiare di Otel Bruni, il nuovo libro di Valerio Massimo Manfredi, il primo estraneo al filone dell’epopea storica. Per cogliere la profondità dei riferimenti personali, invece, è necessario ascoltare dalla viva voce dell’autore la saga familiare dei Bruni. Come ha fatto stamattina il pubblico al Cineteatro comunale di Giardini Naxos nell’ambito di Extramoenia. Dalle risposte di Manfredi, stimolate dalle domande dei lettori e di Monica Centanni, è emerso una sorta di “commentario” in presa diretta al romanzo in cui hanno preso forma e consistenza le vicende, i racconti, le leggende della sua terra, della sua gente e della sua famiglia, la famiglia di sua madre. La realtà dietro la finzione narrativa. Una piccola storia di contadini tra le pieghe delle ferite inferte dalla Prima Guerra Mondiale.

“Otel Bruni è una storia che nasce dal basso, dagli uomini e dalle donne che non hanno volto nella grande storia. Ho sempre avuto nella mente e nelle orecchie questa saga, l’ho sentita fin da bambino. Troppo tardi mi sono reso conto che avevo in mano un tesoro della memoria che sarebbe stato un peccato lasciare sfumare. Una microstoria che aiuta ad illuminare lo sfondo storico, ricca di paralleli con la tradizione classica. La sofferenza del padre che si domanda quanti dei suoi sette figli torneranno dalla guerra, i suoi sospiri nel cuore della notte, mi hanno fatto pensare a Laerte e all’Odissea”.
“Un ruolo fondamentale nel recupero di questo spaccato di storia contemporanea l’ha avuto mio figlio che ha scritto una tesi di laurea sulle vicende irrisolte del dopoguerra emiliano. Mi sono vergognato scoprendo di sapere di più delle guerre persiane piuttosto che della storia contemporanea che aveva lambito la mia famiglia. Sono rimasto colpito dai tanti memoriali raccolti dai protagonisti, che tutti dovrebbero leggere. Perché quel mondo che si dovrebbe consegnare alla memoria, quelle storie, quei valori suggeriti dall’ineluttabilità e radicati come principi, la solidarietà, la famiglia, la coesione, la carità”.
A chi lo accusa di pesare con bilancino le ragioni dei rossi e le ragioni dei neri, Manfredi risponde: “Probabilmente non sarà possibile costruire una memoria condivisa, ma il fatto umano non si può ignorare. Nessuno è tutto nero e tutto bianco. I nostri genitori e i nostri nonni credevano che questo fosse un Paese per cui valeva la pena morire, oggi il nostro premier lo bestemmia, lo giudica un Paese di merda”.
<<FONTE blogdiextramoenia>>
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